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domenica 29 marzo 2009

L'acqua dei Rubinetti sicuri, ecco la mappa!


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I dati forniti da Federconsumatori e Arpa sono quanto mai preziosi per analizzare nel dettaglio la situazione e poter compiere una mappatura ragionata di quanto erogato dai nostri acquedotti.

A essere state prese in considerazione, infatti, sono 49 città (a cui "II Salvagente" ha aggiunto Roma, con dati richiesti all’acquedotto capitolino), per un’indagine qualitativa basala sui metodi previsti dalla legge. Una griglia di valutazione schematica ma per nulla "tenera". Tra i parametri considerati fondamentali per dare un voto alle acque ci sono tanto gli indici di inquinamento (nitrati e ammoniaca, sia pure sotto forma di ione ammonio), che quelli relativi ad alcuni elementi chimici da tenere sotto controllo (ferro, manganese, ma anche sali come i cloruri e i solfati). Una griglia abbastanza indicativa, anche se mancano sostanze che da qualche anno provocano fondati timori anche nel comparto concorrenti delle minerali (uno su tutti; l’arsenico)

Il criterio di classificazione complessivo utilizzato, tra l’altro, è assai severo: la migliore qualità, quella definita dalla classe I, si conquista solo se tutte le analisi rientrano nel livello ottimale. Ne basta una "debole" per far scendere di posizione l’acqua nella "classifica" di qualità.Con questa griglia si può valutare la hit degli acquedotti italiani, che vede uscire a testa alta Benevento, Bergamo, Campobasso, Mantova, Teramo, Gorizia e Roma, che rientrano in classe I.

La buona notizia, però, è che la valutazione complessiva dei dati pone la quasi totalità dei Comuni in classe II, ossia in una fascia di qualità più che apprezzabile. E che in buona parte dei casi le rendono indicate per tutta la popolazione, anche per le categorie più deboli di consumatori. Basti prendere a riferimento i nitrati, sostanze che testimoniano abbastanza fedelmente il grado di inquinamento della falda e che giustamente subiscono severi lìmiti di legge. Uno di questi è relativo ai neonati che non dovrebbero bere acque con contenuto di composti azotati sopra i 10 mg/l per litro per evitare il rischio moglobinemia, una malattia che riduce la capacità di trasporto dell’ossigeno nel sangue e può essere letale. Se si prende a riferimento questo limite ( comprendendo, dunque, tanto gli acquedotti classificati in fascia I che si attestano sotto i 5 mg/1 che quelli di classe II ma con nitrati entro i 10 mg/1) le acque che potrebbero essere utilizzate anche per sciogliere il latte in polvere al neonato sono due su tre (in 16 oltre-ssano infatti tale tetto). E se dai bambini si passa agli adulti, il rubinetto accontenta degnamente le esigenze di 9 italiani su dieci, tante sono le classi 2 assegnate nella classifica.

Fanalini di coda

Tutto tranquillo e "trasparente", dunque? Non proprio. Tocca a Imola. Lecce,Livorno , Parma e Piacenza contendersi la coda della classifica, la classe III che dovrebbe mettere in guardia i consumatori ( ma anche i gestori). In questi casi causa dello scadimento qualitativo è sopratutto l’elevata concentrazione di nìtrati (a linola, Lecce e Piacenza addirittura superiori a30mg/l.) discorso a parte va fatto per Crema, che si classifica in classe O per le elevate concentrazioni di manganese, riconducibili ad origini naturali. Lecce, invece, pur avendo i cloniri in classe O, viene classificata in classe III per la presenza di mirati. A integrazione dell’analisi qualitativa, nell’indagine Arpa si può trovare anche una classificazione delle acque in relazione al grado di durezza durezza, cioè alla concentrazione di sali di calcio e magnesio.

La durezza di un’acqua si misura in gradi francesi (°F): 1 °F corrisponde a 10 milligrammi per litro di idrocarbonato di calcio; dai 12 ai IS °F l’acqua è "dolce", dai 18 ai 30 "F "medio-dura", dai 30 ai 40 °F "dura" e oltre i 40 °F "molto dura". E anche qui bisogna smontare la vecchia e persistente convinzione popolare che dal rubinetto esca acqua "dura". La maggioranza dei Comuni esaminati presenta acque con caratteristiche di media durezza. Lucca, Modena, Napoli, Palermo, Parma, Piacenza e Reggio Emilia hanno acque "dure"; Imola, Lecce e Livorno "molto dure". Ben un terzo dei comumi (13 su 49 e Gorizia e Tarante solo per il 2001) distribuiscono invece acque "dolci".

fonte il Salvagente.it


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